ARBËRIA NEWS Blog

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giovedì 8 giugno 2017

Dashurija ime për vendin ku u isha një fëmije.

(di Elsa Musacchio)
Portocannone. Foto Elsa Musacchio.
Sto seduta davanti al computer e non so come iniziare a raccontare quello che ho provato quando le prime case del paese si sono presentate davanti ai miei occhi. E' stata un'emozione grandissima che mi ha fatto battere il cuore in modo incredibile. Ero finalmente a casa! Nella casa della mia infanzia dove tutto era fantastico. Le corse per le strade e le amiche con le quali si correva in mezzo al brecciolino e ai carri. Sì, ora andiamo tutti in macchina ma, allora il carretto e il cavallo erano i nostri mezzi di spostamento. Si andava al mare col carretto e il telo che serviva per la raccolta delle olive diventava l'ombrellone. E noi tutti eravamo felici per quel poco che avevamo. 
Prima visita a mia cugina Filomena alla quale sono legatissima perché è l'unica forse, che ha tenuto il contatto con la mia anima arbëresh. Agli altri parenti voglio bene ma, sinceramente, li sento un po' estranei. L'ho trovata provata nel fisico ma ha conservato una mente sveglia. 

Elsa con l'amica Cristina.

La Madonna si Costantinopoli. Foto Musacchio
Seconda tappa dalla mia amica Cristina Acciaro. Donna impegnatissima ma sempre disponibile.. Ho portato i miei amici nella nostra chiesa davanti alla nostra Madonna. Anche lì quanti ricordi! Piccolissima fra i banchi stentavo a rimanere tranquilla durante la funzione e le suore, allora sempre presenti nella nostra educazione, mi rimproveravano il giorno dopo dicendo che in chiesa serviva umiltà e decoro. Come si fa a parlare di umiltà e decoro a bambine piccole che andavano dalle suore per il ricamo? A nessuno interessava stare lì seduta quando fuori c'era il sole e la campagna. Infatti spessissimo scappavamo nei campi dove era possibile giocare in mezzo alle piante e salire sugli alberi come ragazzacci, così diceva mia madre. Per la prima volta ho pregato la Madonna forse perché il fisico si è indebolito e i problemi di salute sono tanto per cui bisogna solo sperare di cavarsela. L'ho guardata con altri occhi e mi è sembrato di vederla per la prima volta E' bella e sembra che ti sorrida quando dici una preghiera. Sono uscita emozionata. Alla prossima puntata vi parlerò di come ho vissuto l'attesa per l'arrivo dei carri.
Riprendo a scrivere e a parlare della corsa dei carri . La carrese è l'anima del paese. I buoi corrono ma corrono anche le persone che aiutano i buoi a raggiungere il traguardo per primi.Quando il carro vincitore arriva in paese si alza un boato che penetra si nelle orecchie ma arriva fino al cuore. Una volta, prima dell'arrivo e della partenza dei carri la gente mormora in albanese " Shëmërija ju bakoftë". E' il profano che entra nel religioso perché la frase vuole dire" La Madonna vi benedica". 

Una vecchia foto della Carrese di Portocannone. Autore sconosciuto.
La paura insieme all'eccitazione si tagliava col coltello e famiglie intere aspettavano "Qerret" per vedere i loro cari sani e salvi. Ogni famiglia era rappresentata o dal cateniere o dai cavalieri o dalle persone sopra il carro. Non esistevano più gjërit, miqtë e gjitanija perché quello che importava era il carro che portava integri i partecipanti che poi avrebbero avuto l'onore di portare la Madonna in processione il giorno dopo. 
Io seguivo papà, che essendo stato un cateniere, era il primo ad arrivare in piazza. Allora il carro vincitore doveva entrare attraverso la porta e fermarsi sui gradini della chiesa. Papà mi metteva sulle spalle per farmi vedere meglio l'arrivo. Era mutilato di guerra ma, nonostante la gamba di legno, restava fermo "si lisi" come un albero. Era alto e forte e noi lo adoravamo. Ricordo una volta, quando i carri arrivarono quasi insieme ma vinsero i giovani, papà corse dall'amico cateniere, lo abbracciò e disse" Bërët mirë". Poi mi portò al BAR e mi offrì il gelato.
Lasciamo i ricordi e torniamo al presente. Verso le tre eravamo in piazza in tempo per la benedizione dei carri e per andare al Comune dove avevamo deciso di assistere alla corsa. La corsa! Erano anni che non vedevo i carri correre! 
Mi sono venute in mente le storie che raccontava papà,eravamo in attesa sotto il sole, quando lui, giovane e forte, tirava la catena che aiutava il carro ad andare per la giusta strada. Come ricordo aveva perso le prima falange del dito medio ed anulare della mano destra, perché i buoi avevano avuto uno scatto e lui si era trovato con la catena che stringeva le dita. Papà lo mostrava come un punto di forza e ci ha insegnato ad amare la carrese, perché è non solo la tradizione ma l'anima del paese. 
Abbiamo aspettato l'arrivo insieme a Cristina Acciaro con il cuore in gola. Speravo che i colori fossero giallo e rosso e così è stato. Corsa strana, due carri rovesciati ed arrivati in ritardo. Applausi per tutti e niente risposte alle piccole miserie che uscivano dalla bocca degli sconfitti. Il video che è stato postato ha risolto il mistero. Oggi con calma mi sono abbandonata ai ricordi. Perdonatemi se ho scritto troppo e vi ho annoiati.

2 commenti:

  1. Elsa, le emozioni e i ricordi che hai condiviso sono le stesse che mi ha sempre comunicato la mia mamma. Grazie per averle fatte rivivere.
    Rossella

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