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giovedì 12 gennaio 2012

Anna Stratigò e Checco Pallone: Oj ebukura more Teatro Alhambra di Ginevra




                                


"Fuga da la morea” è il titolo originale della leggenda dalla quale deriva il canto meglio conosciuto come Oj ebukura more (O mia bella Morea). E’ una poesia a rime baciate.
Il testo è uno dei tanti contenuti nel libro (archivio personale) Canti popolari albanesi di Demetrio De Grazia pubblicato nel 1889 dalla tipografia Zammit di Noto e scritto solo in lingua italiana. 
L’autore di questa melodia è sconosciuto e non esiste partitura musicale: un tempo chi componeva molto spesso non sapeva scrivere la musica e la canzone si tramandava solo oralmente senza essere documentata e depositata. Possiamo chiamarla canzone d’autore sconosciuto.
L’antico canto Oj ebukura more è quello della diaspora albanese e viene eseguito sia nelle comunità arbëreshё d´Italia che in Albania. I contesti dove si canta sono diversi : concerti, feste popolari, tra amici: è una canzone che trasmette emozioni e ricordi da secoli.
Testo originale della leggenda

Aveva un duce Un prigionier ed era truce ed era altier.
Nessun favella muovergli osò, solo una bella sì gli parlò:
-Signor, tu vuoi meco veder, quale di noi Val più nel ber?
O l’uom legato a me darai ,O il ricamato mio letto avrai.
-Egli alla cara graziosa gara Acconsentì:
Essa le astute Serve sapute tosto ammonì:
-.Al cane turco, o vergini quando il vin verserete si dee la coppa empir:
Ma non il mio bicchiere ove col vin dovete un poco d’acqua unir.
-E arrossita , sorridendo,tolse un po’ di bianca neve
E il bicchier di vin prendendo quivi dentro la lasciò
pien di gioia ei beve beve, poscia al sonno s’inchinò.
La donzella dà l’armi al prigione, ed i ceppi a spezzar l’aiuta;
Poi su nave dal vento battuta, fugge e approda ad un lido lontan.
Ma su terra straniera discesa, come statua rimase e piangea
volta al mar:- O mia bella morea,ho desio di vederti, ma invan
Vi ho la mia signora madre, ivi è il mio fratello amato,
vi è sepolto il mio buon padre, che mi crebbe alla virtù:
Da quel di che t’ho lasciato, Te, Morea, non ti vidi più.

Riassunto della leggenda
Aveva un duce preso un prigioniero e nessuno osava parlargli tranne una giovane fanciulla albanese che lo invita a fare una scommessa e cioè chi tra lei e lui beve più vino. Lei scommetteva il suo letto ricamato con serpenti di seta e lui il prigioniero..Lei al posto del vino nel bicchiere chiese alle serve (complici) di versargli la neve bianca e fece finta di essere ubriaca fino a quando il duce, veramente ubriaco, si addormentò. Allora la fanciulla prese il prigioniero e con lui s’imbarcò per fuggire, ma appena arrivò sulla sponda della terra straniera, canto’

Testo in Italiano (originale del testo di De Grazia)
O mia bella morea, ho desio di vederti ma invan
Quivi ho la signora madre, quivi ho mio fratello 
Quivi ho il signor padre, coperto sotto terra.
O mia bella Morea, come t’ho lasciato /più non ti vidi.

Testo in arbёresh (parlata di Lungro)
Oj ebukura More /si tё lee /u mё nëng tё pee
Atje kam u zotin tatё /atje kam u zonjen mёmё
atje kam edhè tim vёlla /gjithë mbuluarë ndën dhe!

(Anna Stratigò)


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