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venerdì 18 gennaio 2013

Tutto fa brodo. I costumi di Piana.

di Anna Maria Ragno

Le figurine Liebig venivano allegate alle confezioni delle tavolette di estratto di carne, l’antesignano del dado per brodo. I costumi qui raffigurati dell’Eparchia di Piana dei Greci, come veniva chiamata allora Piana degli Albanesi, fanno parte di una serie di sei figurine dedicate ai costumi folcloristici della Sicilia, che riportano la data del 1958. La figura di sinistra è accompagnata dalle seguente didascalia:

“Il costume di Piana dei Greci deriva dal ceppo albanese, trapiantatosi in Italia, per le persecuzioni dei Turchi, fra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI, e tuttora conserva i caratteristici attributi orientali. Il costume si compone della “zilona”, che è un’ampia gonna di seta o di taffettà nei vari colori del rosso, arricciata alla vita quasi tutta sul dietro, con splendidi ricami in oro, a foglie, che ricordano i parati del ‘500 e del ‘600. Sulla gonna vi è il “crascéte”, bustino i seta scura ricamata, al quale si attaccano le “mengheté”, che raccolgono le maniche della camicia e sono maniche esse stesse, con fioriti ricami. La camicia è di finissima tela di lino, funziona spesso da corpetto ed è ornata di ricami e pizzi d’alto pregio. Alla vita vi è una pesante cintura d’argento detto “bresi”, allacciata sul davanti con uno scudo che raffigura, in rilievo, l’immagine di San Giorgio che uccide il drago, o San Nicolò patrono delle colonie albanesi, o la Madonna dell’Odigitria. Le calze sono bianche, lavorate ad uncinetto; le scarpe di pelle, con fibbia, oppure dello stesso tessuto della gonna. L’abito si completa spesso con un grembiule nero con gli orli sfilati e con una mantellina di seta, bordata di ricami in oro e foderata di seta rosa. Gli orecchini sono d’oro o d’argento, e la collana è di prezzo; questa viene talvolta sostituita da un nastro di velluto che sostiene un gioiello d’oro finemente lavorato. Molto spesso il costume viene tramandato, in dote, dalla madre alla figlia ed i preziosi ricami della camicia e della gonnella, di particolare finezza, richiedono un impegno di parecchi anni”.


La figura di destra riporta una didascalia che differisce di poco dalla precedente, eccezion fatta per la descrizione più particolareggiata dei ricchi gioielli del secondo costume:

“Si compone di una gonna di pesante taffettà o di seta, molto ampia, o con un’arricciatura alla vita portata quasi tutta sul dietro, ed è guarnita da ricchi ricami in oro. La camicia è in tela di lino, con ricami e pizzi di gran pregio e porta al collo un risvolto ricamato e trinato. Il corpetto è molto attillato e si allaccia sul davanti con nastri; le maniche sono trattenute da nodi di seta. La vita è cinta da una pesante cintura d’argento detta “brezo” o “bresi”, allacciata sul davanti con uno scudo raffigurante, in rilievo, l’immagine di San Giorgio che uccide il drago, o San Nicolò patrono delle colonie albanesi, o la Madonna dell’Odigitria. Le calze sono bianche, lavorate ad uncinetto; le scarpe di pelle, con fibbia, oppure dell’identica seta della gonna; gli orecchini sono in oro o in argento con brillanti, rubini, perle; spesso hanno pendagli di preziosa fattura. La collana è in oro lavorata o è sostituita da un nastro di velluto che porta una crocetta d’oro con pietre. Tutto insieme è fuso in un delicato accordo di toni e di motivi e costituisce un esemplare modello di perfetta eleganza”.


Sitografia: 


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