(articolo di Anna Maria Ragno)
L'Inno
dei Cherubini è cantato
da un coro che rappresenta spiritualmente gli angeli nel momento in
cui, all'interno della Divina
Liturgia di San Giovanni Crisostomo, praticata
nelle Eparchie di Lungro e Piana degli Albanesi (che ricordiamo sono chiese sui jusris di
tradizione orientale all'interno della Chiesa Cattolica), sono portati all'altare i doni del pane e del vino da consacrare.
Questo momento comprende una piccola preparazione, una piccola
processione nella chiesa, che prende il nome di "grande
ingresso".
L'inno
unisce il popolo di Dio alla presenza degli angeli raccolti intorno
al trono di Dio, pertanto l’inno simboleggia la concelebrazione
della liturgia terrena con quella celeste.
Il
canto invita i fedeli a "deporre ogni preoccupazione mondana".
Non si deve più essere distratti da cose che non c'entrano nulla con
la Liturgia, poiché il Re è invisibilmente presente, "scortato
da angeliche schiere"! Il testo recita più o meno così:
"Noi
che misticamente rappresentiamo i Cherubini
e
alla Trinità vivificante cantiamo l'inno "Tre volte santo",
deponiamo
ora ogni sollecitudine mondana....
affinché
possiamo accogliere il Re dell'universo,
scortato
invisibilmente dalle angeliche schiere.
Alleluia,
alleluia, alleluia."
Mentre
il coro canta l’Inno dei Cherubini, il Celebrante recita la seguente
preghiera: Nessuno che sia schiavo di desideri e di passioni
carnali è degno di presentarsi o di avvicinarsi o di offrire
sacrifici a Te, Re della gloria, poiché il servire Te è cosa grande
e tremenda anche per le stesse Potenze celesti. Tuttavia, per
l’ineffabile ed immenso tuo amore per gli uomini, ti sei fatto uomo
senza alcun mutamento e sei stato costituito nostro sommo Sacerdote,
e, quale Signore dell’universo, ci hai affidato il ministero di
questo liturgico ed incruento sacrificio. Tu solo infatti, o Signore
Dio nostro, imperi sovrano sulle creature celesti e terrestri, tu che
siedi su un trono di Cherubini, Tu che sei Signore dei Serafini e Re
di Israele, Tu che solo sei santo e dimori nel santuario.
Supplico dunque Te, che solo sei buono e pronto ad esaudire: volgi il
tuo sguardo su di me peccatore ed inutile tuo servo, e purifica la
mia anima ed il mio cuore da una coscienza cattiva; e, per la potenza
del tuo Santo Spirito, fa che io, rivestito della grazia del
sacerdozio, possa stare dinanzi a questa tua sacra mensa e consacrare
il tuo corpo santo ed immacolato ed il sangue tuo prezioso. A te mi
appresso, inchino il capo e ti prego: non distogliere da me il tuo
volto e non mi respingere dal numero dei tuoi servi, ma concedi che
io, peccatore ed indegno tuo servo, ti offra questi doni. Tu infatti,
o Cristo Dio nostro, sei l’offerente e l’offerto, sei colui che
riceve i doni e che in dono ti dai, e noi ti rendiamo gloria insieme
con il tuo Padre senza principio, ed il santissimo, buono e
vivificante tuo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amìn.
Ecco l'Inno dei Cherubini (I tà mistikòs) del Coro Polifonico della Cattedrale di Lungro: L'Inno dei Cherubini è stato introdotto nella Divina Liturgia dall'imperatore Giustino II durante il 9° anno del suo regno (573-574), al fine di coprire il tempo necessario al sacerdote per preparare l'ingresso e accompagnare il trasferimento dei doni preziosi.
L'Inno
dei Cherubini è un elemento fisso nella struttura della Divina
Liturgia, e questo ha spinto quasi tutti i principali compositori di
tutti i tempi a musicarlo più di una volta, in tutti i modi
dell'Octoechos bizantino e in vari stili musicali. Ricerche
pertinenti sull'argomento hanno dimostrato che dalle prime
composizioni dell'Inno dei Cherubini della fine del 13° secolo a
quelle del 19° secolo, ci sono state più di 1500 composizioni,
effettuate da oltre 200 Maestri.
L'inno
dei Cherubini fa riferimento alle angeliche schiere in quanto,
secondo la tradizione ebraica
e
successivamente cristiana,
gli angeli
sono
organizzati in una gerarchia
di
differenti ordini, detti nel medioevo cori
angelici.
Queste
gerarchie consistono in entità intermedie tra Dio e gli uomini, in
quanto collegano e descrivono il rapporto esistente fra l'assoluta
trascendenza
divina
e la sua attività nel mondo.
Lo Pseudo-Dionigi l'Areopagita,
nel libro "De coelesti hierarchia",
indica alcuni passaggi del Nuovo Testamento,
sulla cui base costruire uno schema di tre
gerarchie,
sfere o triadi di angeli, ognuna delle quali contiene tre ordini o
cori. In decrescente ordine di potenza esse sono:
- Seconda gerarchia: Dominazioni, Virtù, Potestà.
- Terza gerarchia: Principati, Arcangeli, Angeli.
Nella
prima gerarchia rientrano, quindi, i Serafini e i Cherubini.
I
Serafini
appartengono al più alto ordine di Angeli, quello situato nel cielo Empireo,
il più prossimo a Dio, da cui ricevono in forma immediata le idee e
le direttive con cui far evolvere un complesso cosmico.
La
Bibbia
li
raffigura come angeli dotati di sei ali: due per volare, due per
coprirsi il volto e due per coprirsi i piedi. Cantano continuamente
le lodi di Dio: «Santo, Santo, Santo è il Signore dei cieli. Tutta
la terra è piena della Sua gloria».
I
Cherubini,
invece,
risiedono oltre il trono di Dio, nelle profondità del firmamento.
Sono,
perciò, i guardiani della luce e delle stelle. Essi rielaborano le
intuizioni immediate dei Serafini traducendole in riflessioni e
pensieri di saggezza riguardanti l'evoluzione dei sistemi planetari.
La
Bibbia li raffigura come esseri con quattro ali e quattro facce,
ovvero una umana, una di bue, una di leone ed infine una di aquila.
I
Cherubini vengono inoltre descritti come angeli dediti alla
protezione, posti a guardia dell'Eden
e
del trono di Dio.
Ad
essi è attribuita una perfetta conoscenza di Dio, superata soltanto
dall'amore di Dio dei serafini.
Sempre
secondo la Bibbia, le sculture di due cherubini contrapposti erano
rappresentate sul coperchio dell'Arca
dell'alleanza.