ARBËRIA NEWS Blog

ARBËRIA NEWS Blog

Visualizzazioni totali

domenica 11 agosto 2013

Ururi. A quattro occhi con l’Ambasciatore

 di Anxhela Naka
(articolo tratto da Albania news del 9 Agosto 2013)

l paese era in festa. Davanti l’immenso portone del comune si era radunata una piccola folla. Tutti attendevano l’arrivo di qualcuno; chi sperava in una foto, chi di scambiare due chiacchiere, chi in una stretta di mano. E poi c’ero io, che avrei voluto sentire solo le sue parole.

Si vide sbucare dalla stradina, che portava nell’ immensa piazza, un’auto scortata, un’auto blu. Scese un uomo, giacca e cravatta, capelli bianchi, era lui.
Mi precipitai nella sala comunale prima che arrivassero tutti. Dopo qualche minuto l’ambasciatore entrò, salutando con un timoroso ‘Buonasera’ dall’accento albanese. L’ambasciatore, Neritan Ceka, era accompagnato dall’ambasciatore albanese in Gran Bretagna, Mal Berisha. Tutti presero posto, io mi misi in piedi in fondo alla sala.
 Da sinistra, il Sindaco di Ururi Luigi Plescia,
l'ambasciatore Neritan Ceka accompagnato dall’ambasciatore albanese in Gran Bretagna, Mal Berisha.
Il sindaco fece una breve presentazione del paese, dalla cultura, alle tradizioni, dalle origini alla lingua. Poi lasciò la parola all’ambasciatore, che si alzò in piedi e iniziò a parlare.Iniziò dicendo che, da archeologo qual era, aveva pensato che Urur significasse ‘beato’ dalla somiglianza che ha con il termine ‘i ururar’ in albanese. “Ed è cosi, – continuò – i nostri antenati sono venuti qui per trovare una nuova patria, ed e’ qui che hanno mantenuto le loro tradizioni, per non tradire mai le loro origini.
Voi siete riusciti a conservare un piccolo pezzo d’Albania nel vostro paese, Ururi, ed è per questo che il nostro centenario d’Indipendenza è iniziato qui, non in Albania.”.
Poi passò alla politica: “Si pensa a un futuro migliore. In Italia si sente un clima di pessimismo, ma io credo che l’ottimismo esista. Noi siamo europei convinti. L’Europa non è un sogno, una realtà difficile sì, ma non un sogno”.
E mentre loro parlavano di crisi e di realtà difficili, la mia mente spaziava altrove. Pensavo a noi, noi immigrati, noi che stiamo tra le due sponde del fiume, noi orfani di patria. Come se la nostra madre patria ci avesse abbandonato, o magari noi, senza scrupoli, l’avessimo abbandonata, egoisticamente ma anche miseramente, per un futuro migliore, e ora d’un tratto ci fosse venuta a trovare. Lui, un uomo apparentemente comune, rappresentava la mia Nazione, la mia patria, la mia terra. Ed io di questo ne sono andata fiera. Finalmente, dopo tanto, mi sentivo protetta, non ero più orfana, mi sentivo a casa.
E cosi un’ondata di ricordi da bambina mi travolse e dovetti mandarli giù come un boccone amaro.
Sentivo che la mia patria non mi aveva dimenticato, e cosi, come una madre, cercava i suoi figli sparsi nel mondo, partoriti dal suo ventre, quei figli ai quali aveva insegnato una lingua, una cultura, aveva tramandato storie, canzoni, tradizioni.
Fissai gli occhi sullo sfondo rosso della bandiera, Dio quanto mi mancava. Quanto avrei voluto vederla svolazzare li, quella bandiera, su quella terra, e guardarla col naso all’insù’ ammirando quel cielo, e respirando quell’aria. E tenere dentro quell’odore di libertà, spezzando le catene dell’ingiustizia, della differenza, e dell’indifferenza. Mi mancava la gente come me, la mia gente, e in quel momento sarei scappata via, e a piedi nudi mi sarei buttata su un prato verde, un prato albanese.
E cosi, distesa a terra, avrei visto nel cielo limpido svolazzare un’aquila, e sarei stata viva, sarei stata libera.
E quando meno te lo aspetti la vita ti fa questi scherzi, ti riporta il passato tra le mani, e ti ricorda che il futuro sarà sempre più diverso e sempre più lontano dalla tua casetta nel paese delle aquile.
L’Albania sta cambiando, in meglio, e questa è l’occasione per dimostrare agli altri che valiamo qualcosa, che possiamo anche noi, nel nostro piccolo, dare qualcosa al mondo.
E se per qualcuno l’incontro con un ambasciatore può essere una cosa insignificante, una formalità, per me è stato tutto questo, emozioni, ricordi, sentimenti, speranze.
E per questo, posso dire solo Grazie.

domenica 4 agosto 2013

I segni sonori dell’appartenenza: l’iso-polifonia albanese.

di Anna Maria Ragno

L’iso-polifonia albanese, che nel suo insieme è stata insignita del riconoscimento di Patrimonio immateriale dell’Umanità dall’Unesco, si compone di tre schemi strutturali di massima (tosk, lab e çam), in cui ciascuna comunità infonde i propri tratti distintivi, diventando in tal modo segni sonori di appartenenza: segni sonori distintivi, che segnano l’appartenenza ad un determinato contesto linguistico, culturale, sociale e politico.
Nel loro insieme, queste diverse espressioni musicali, sono le più affascinanti e originali forme di polifonia di tradizione orale dell’area euro-mediterranea. Le aree d'espressione polivocale per eccellenza sono la regione adriatica a sud del fiume Shkumbin, e quella ionica a sud del fiume Vjosa, corrispondenti ai due gruppi linguistici meridionali tosk e lab.

Un discorso a parte merita la polifonia della minoranza albanese çam, costituita da circa 200.00 persone di lingua albanese, provenienti dall’Epiro, la regione della Grecia settentrionale, che in albanese viene chiamata Çamëria. Emigrati in Albania durante la prima metà del ‘900, ora si trovano sparsi fra l’Albania meridionale (le comunità più importanti sono quelle che vivono nelle città di Fier e Valona) e la Grecia settentrionale, dove è stanziata l’altra parte della minoranza albanese Cham, costituita secondo alcune stime da circa 40.000 persone, anche se l’idioma albanese è parlato solo da 10.000 ciamurioti. Secondo l’efficace definizione di Ramadan Socoli, l’illustre musicologo albanse, i çam, che ancora oggi sono oggetto di aspre controversie tra Albania e Grecia, costituiscono un caso singolare di emigrati in casa propria. Sono ben integrati nella società albanese, ma hanno maturato una forte identità di appartenenza alla comunità çam: un'identità segnata dalla diaspora, dal legame con la terra di provenienza - che hanno dovuto lasciare per le politiche ostili e per le forme di espulsione applicate nei loro confronti dalle autorità greche -  e dalla rivendicazione dei propri diritti nei territori greci da cui sono fuggiti.

All’interno di queste regioni troviamo quei tratti comuni che consentono di identificare distinti modelli espressivi, ma prima di addentrarci in queste distinzioni, è il caso di illustrare il significato della parola 
iso-polifonia.

Il termine iso si riferisce al ronzio di accompagnamento. In genere tra i Tosk è sempre continuo e cantato sulla sillaba 'e', usando la respirazione scaglionata; mentre per i Lab è cantato come un tono ritmico. Questo tipo di canto è eseguito principalmente da cantanti di sesso maschile, e accompagna tradizionalmente una vasta gamma di eventi sociali, come i matrimoni, i funerali, le feste del raccolto, celebrazioni religiose e folk festival come quello che si tiene ogni anno ad Argirocastro.

Per polifonia, invece, si intende quel tipo di scrittura musicale che prevede l’insieme simultaneo di più voci umane e/o strumentali (la parola deriva dal greco e significa per l’appunto “a molte voci”) su diverse altezze sonore, che procedono simultaneamente secondo determinate regole armoniche, ma che si possono considerare anche autonome, in quanto ogni voce agisce indipendentemente dall’altra. I primi modelli di tale struttura sono già rinvenibili nelle cerimonie musicali delle civiltà primitive dell’antica Grecia.
In senso lato la polifonia  può indicare qualsiasi aggregazione verticale di suoni, come per esempio, nel linguaggio dell’armonia, un accordo. Al concetto di polifonia si oppone quello di monodia (canto a una voce), che distingue la musica romano-bizantina, termine con il quale si intende attualmente la musica religiosa ortodossa orientale.

L'iso-polifonia albanese è caratterizzata da brani composti principalmente da due parti solistiche, una parte compone la melodia e l'altra esegue un controcanto con un iso corale. La struttura di queste parti solistiche varia a seconda dei diversi modi di eseguire il canto, poiché ogni gruppo adatta la struttura alle proprie esigenze.  Tuttavia, come abbiamo già visto,  si possono distinguere tre macro modelli:  tosk,  lab e çam.
Il modello tosk ha un carattere orizzontale e presenta due parti soliste che si muovono sul bordone ininterrotto, detto isso o kaba intonato da tre o quattro cantori sulla "e" chiusa. Avanzando prevalentemente per imitazione, la voce guida, marresi, e la seconda voce, pritesi compiono ampi movimenti melodici e sono caratterizzate da un particolare procedimento di ornamentazione, una sorta di yodel, che consiste nel rapidissimo passaggio dal registro grave a quello acuto. Tra i principali centri vanno ricordate le regioni di Berat, Koriza e Santiquaranta.

La polivocalità lab risponde invece ad una concezione "verticale", nella quale le parti alternano dissonanze e consonanze. Il bordone che ha un andamento sillabico e colori cangianti. Su questo baricentro si muovono lente e compatte le tre parti: la prima presenta la frase melodica, alla quale la seconda fa da contrappunto, mentre la terza interviene solo a tratti, creando un amalgama armonico nel quale risaltano i differenti timbri. Le tre voci soliste, che agiscono prevalentemente nel registro acuto, sono chiamate marresi, kthyesi e hedhesi ad indicare il loro gioco sonoro di presa, risposta e rilancio. La tradizione lab predilige le melodie pentafoniche ed è caratterizzata dal frequente impiego di intervalli armonici di seconda. La forza espressiva del canto deriva non solo dalla potenza dell'emissione, ma anche dalla ricorrente presenza del vibrato. Nell'area lab i principali centri dell'espressione polivocale sono la regione di Valona, Tepelena ed Argirocastro.

Nella Ciamuria (in albanese Çamëria) l'espressione polivocale riprende l'andamento orizzontale che caratterizza l'area tosk e il cui bordone manifesta evidenti reminiscenze bizantine. La polifonia dei çam, che è prerogativa esclusiva delle voci maschili,  vede come tratto principale la presenza del bordone (iso), eseguito da un piccolo coro, sul quale si addensano altre voci in movimenti polifonici talvolta assai complessi. Nella polifonia dei çam, sopra il bordone vi sono due solisti  - marrësi e kthyesi, ovvero ‘colui che prende il canto’ e ‘colui che lo rigira’ - che si rincorrono in sofisticati giochi imitativi. Secondo il prof. Nicola Scaldaferri, essa presenta una raffinatezza sconosciuta alle altre forme di isopolifonia albanese, ovvero alle polifonie tosk e lab. Ai cantori çam, infatti, viene unanimemente riconosciuta una straordinaria abilità nel fiorire le linee melodiche. I gruppi vocali spesso vengono accompagnati da gruppi strumentali, per cui le ornamentazioni vocali gareggiano con il virtuosismo dei vari strumentisti. I testi verbali, accanto a quelli rituali e funzionali, presentano contenuti di carattere storico in cui si rievocano la diaspora dei çam. Di notevole interesse è anche il repertorio di elegji, canti di rimpianto e nostalgia per la casa e le terre abbandonate oltre il confine greco, eseguiti spesso dagli uomini a voce sola.

Nel canale youtube Diaspora Arbëreshe è possibile ritrovare vari esempi di isopolifonia tosk e lab, ma segnaliamo per tutti il Gruppo Ensemble Tirana e brani come Do marr çiften.

I componenti di questo gruppo sono profondi conoscitori delle diverse espressioni del canto polivocale tradizionale, in particolar modo quelle degli stili della Ciamuria e delle regione di Valona e Koriza. Si tratta di una formazione di cantori professionali scelti tra i migliori elementi dell’Ensemble nazionale di canti e danze popolari d'Albania. Per tale motivo la loro esecuzione risulta meno ruvida di quella amatoriale della gente comune e più precisa nell'intonazione e negli attacchi. Per la tradizione çam si segnala anche il Gruppo polifonico di Fier e Rrogozhina.

Fra gli innovatori del panorama musicale albanese segnaliamo la genialità e la sensibilità artistica del pianista Markelian Kapedani, che con gli Euphonia Ensemble ha reinterpretato Ti je zemra ime (Tu sei il mio cuore), una ninna nanna dedicata ai bambini kosovari, e il talentuoso Admir Shkurtaj, che con la sua fisarmonica ha arricchito le sonorità del gruppo grecanico Ghetonia.




Sitografia:
http://www.leav.unimi.it/cam.html
http://brunildaternova.blogspot.it/2009/12/liso-polifonia-albanese-la-genialita.html
http://www.musicballkan.com/coro_polifonico_tirana.htm