(pubblicato il 18 Novembre 2013 su BabelMed)
Il Presidente Edi Rama |
Sono state raccolte, in poco tempo, più di 30mila firme per una petizione on-line e, manifestazioni di protesta sono state fatte in varie città albanesi come Tirana, Valona, Scutari, Durazzo ma anche in Italia: a Milano, a Torino, a Roma, a Rimini; in Macedonia ed in Kosovo dove risiede una più nutrita popolazione di etnia albanese ed anche in Europa come nella capitale francese. Mentre queste manifestazioni avevano luogo erano in corso i colloqui all’AIA nel quartier generale dell’OPAC (organizzazione per la proibizione delle armi chimiche) e, alle 17h il Presidente albanese, il socialista Edi Rama, annunciava, nel suo discorso, l’esito delle trattative. C’era molta apprensione tra le piazze albanesi stracolme di manifestanti anche perché non c’era nulla che lasciasse sperare in qualcosa di positivo (la contropartita era molto allettante per il piccolo Paese del sud balcanico, si parlava di aiuti economici come una copertura finanziaria pari a tre volte il bilancio dell’Albania; il riconoscimento dello status di Paese candidato a dicembre; aiuto alla piena adesione dell’Albania all’Unione Europea nel primo mandato di Edi Rama; la garanzia di uno status speciale per l’Albania nei confronti degli USA in cui si parlava anche dell’abolizione dei visti e, dulcis in fundo, la proposta di dare all’Albania il premio Nobel per la Pace). Musica per le orecchie del Presidente Edi Rama che era, per questo motivo, titubante fino all’ultimo. Tant’è che fino a poche ore prima dell’annuncio ufficiale del ritiro dell’Albania dai negoziati per la distruzione delle armi siriane, si pensava, al contrario, per un sì. Ma alla fine, Rama, si è dovuto piegare alla volontà del suo popolo che, in un collettivo risveglio di coscienza civica, ha manifestato pacificamente per esprimere il proprio diniego.
(LaPresse/AP) |
L’annuncio del Presidente Rama (che nessuno si aspettava) è seguito a manifestazioni spontanee di gioia, quasi una gioia da stadio frammista ad applausi, abbracci e lacrime in un gremito Boulevard Dëshmorët e Kombit. I manifestanti issano le loro bandiere dall’aquila bicefala, intonando canzoni, scandendo slogan. L’Albania non si piega, l’Albania non accetta il “pacchetto regalo degli Usa” in cambio di scorie, nervini, gas sarin che, se maneggiati male, potrebbero creare un vero e proprio disastro ambientale e nuocere gravemente alla salute dei suoi abitanti e dei Paesi confinanti. Per l’Albania è un giorno di festa, un piccolo Paese che ha saputo imporre la propria voce anche nei confronti degli USA nel generale silenzio dei media internazionali, aver rifiutato di accogliere rifiuti tossici in un Paese dove le discariche a cielo aperto già abbondano, aver scongiurato una potenziale catastrofe che se fosse avvenuta avrebbe avuto dimensioni immani.
Adesso permane il problema che entro giugno del 2014 l’arsenale chimico di Bashar Al-Assad dovrà essere smantellato. Ma dove? In quale sito? Quale sito verrà indicato la prossima volta? E se il caso dell’Albania divenisse un importante precedente ed il futuro sito che verrà scelto dovesse rifiutarsi di smaltire il deposito di armi e munizioni siriane sulla falsariga di quanto ha già fatto, coraggiosamente, la piccola Albania?
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