(di Anna Maria Ragno)
I
mosaici della Martorana.
Tra
i mosaici siciliani in cui è più visibile l’influenza greca vi
sono quelli della chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, conosciuta
anche con il nome de “la Martorana” . La chiesa appartiene
all’Eparchia di Piana degli Albanesi, circoscrizione della Chiesa
italo-albanese, e officia la liturgia per gli Arbëreshë residenti a
Palermo secondo il rito bizantino.
I
suoi mosaici, al pari di quelli della Cappella Palatina, si
distinguono per il calore della gamma cromatica e per l’esecuzione
fine e delicata, ma anche per il grande effetto emotivo ed estetico e
per il loro valore simbolico e insieme ideologico. Fra questi si
distingue la scena della Natività e della Dormizione della Vergine,
che appartiene al cosiddetto "Ciclo delle feste", cioè
alla serie canonica di immagini che nell'arte bizantina rappresenta i
fatti salienti della vita di Cristo e della Vergine.
L’edificio.
La
Martorana fu fondata da uno dei più insigni funzionari di Ruggero
II, l’ammiraglio Giorgio di Antiochia che, per metà greco e per
metà siriaco, aveva vissuto alcuni anni in Tunisia al servizio
dell’emiro Al Madia, trasferendosi poi nel 1112 a Palermo dove
aveva fatto una brillante carriera. Qui egli patrocinò la
costruzione di una chiesa dedicandola alla Madre di Dio, che lo aveva
protetto nei lunghi anni della sua milizia sui mari.
Il
ciclo delle feste.
Il
punto focale delle decorazioni della Martorana è la cupola dove è
raffigurato Cristo Pantocratore seduto in trono. Nel l'anello esterno
della cupola vi sono gli arcangeli Michele, Gabriele, Raffaele e
Euriale in atteggiamento di adorazione.
Un
secondo punto focale era costituito dall'immagine della Vergine che
indubbiamente occupava l'abside centrale distrutta nel XVII secolo.
Nel tamburo sono raffigurati i profeti e nelle nicchie angolari i
quattro evangelisti.
L'arco
trionfale è decorato con l'Annunciazione.
Nelle
due piccole absidi vi è a sinistra San Gioacchino e a destra
sant'Anna.
I
quattro archi portanti contengono sette tondi, ognuno col busto di un
santo.
Ogni
raffigurazione descrive in modo "popolare", cioè
facilmente comprensibile, la liturgia celeste e la vicenda biblica.
Nel
transetto sono raffigurate otto figure di apostoli in piedi.
Di
fronte al presbiterio, sulla volta a occidente dello spazio quadrato
centrale sul quale proietta la cupola, sono raffigurate la Natività
di Cristo e la Morte della Vergine, scene necessarie a mettere in
evidenza che la chiesa era dedicata alla Madonna.
L'apparato
musivo si può dividere in categorie:
• Le
figure singole nel loro raggruppamento (il Pantocratore e gli
arcangeli adoranti, la Vergine e il suo corteggio, il coro dei
Profeti, gli Evangelisti, gli Apostoli, i santi).
• Le
scene (l'Annunciazione, la Presentazione di Cristo al tempio, la
Natività e la Dormizione della Vergine). Tutte le scene appartengono
al cosiddetto "Ciclo delle feste" (corrisponde alle
feste più importanti nel calendario liturgico greco), cioè alla
serie canonica di immagini che nell'arte bizantina rappresenta i
fatti salienti della vita di Cristo e della Vergine. Sono chiamate
dodekaorton, serie canonica di dodici scene che comincia con
l'Annunciazione e termina con la Dormizione della Vergine. Da questo ciclo
l'ideatore del programma musivo, riprese le scene che vedono
protagonista la Vergine, fermando così l'attenzione più su di lei
che su Cristo.
La
Natività
Nella
Natività la Madonna domina la scena, è la figura più imponente ed
è come adagiata, o meglio seduta, su una bianca coltre, che fa
spiccare il suo azzurro manto. Ben nota è la serie dei personaggi
che ne fanno parte, come anche la loro distribuzione "concentrica",
con la Vergine quale centro di interesse e tutti gli altri motivi che
le fanno corona.
Maria
accarezza amorevolmente il Bambino avvolto in fasce e posto in una
mangiatoia. Una grande montagna fa da sfondo a questa scena corredata
dal bue, dall’asinello e da San Giuseppe con un ruolo marginale.
Dietro la sommità del monte compaiono tre angeli adoranti, a mezza
figura, le mani levate verso la stella aurea che si libra in alto
dentro la sfera azzurra del cielo. Da essa un raggio scende sul
Bambino. Due angeli volti verso l'apparizione celeste sono a destra,
uno è a sinistra. Un perfetto equilibrio è ottenuto tramite un
secondo Angelo a sinistra, pure a mezza figura, il quale però è
rivolto verso il basso, la mano destra tesa in direzione di due
pastori che guardano in su, verso di lui.
In
alto è la stella che con un raggio colpisce il sacro infante. In
basso, sulla sinistra vi sono due armenti che concorrono a conferire
una certa atmosfera naturalistica. A destra è la rara scena della
Lavanda del Bambino.
La Dormizione della Vergine.
La
scena la Vergine giace su un letto funebre, il capo a sinistra, gli
occhi chiusi, le mani incrociate sul petto. Testa e spalle seguono
una curva ascendente cui dà ampio rilievo una bianca coltrice (parte
del giaciglio) che incornicia l’intero profilo del corpo. Cospicua
è la corrispondenza così stabilita con la figura della Vergine
nella scena della natività che occupa l’opposta sezione della
medesima volta a botte.
Il
lato lungo del letto funebre è coperto da un drappo ornato, davanti
al quale una pedana ingemmata segna l’asse centrale della scena.
Dietro
al letto c’è il Cristo, che sta lievemente piegato a sinistra
verso il capo di sua madre, lo sguardo rivolto a lei, le braccia
sollevate a destra in rigoroso movimento opposto ad innalzarne
l’anima e porgerla ad una coppia di angeli che scendono dall’alto
pronti a riceverla con mani velate. L’anima ha l’aspetto di un
infante avvolto in strette fasce a guisa di mummia. L’apostolo
Giovanni in sembianze di vecchio, posto dietro la figura di Cristo,
si china in avanti abbandonando il capo sul petto della vergine.
A
capo del letto, un secondo gruppo di afflitti: li guida Pietro
agitando un turibolo. Nessuno dei personaggi ha l’aureola. Paolo
sembra stringere con la sinistra il piede della Vergine.
La
stella cometa.
Nella
Natività vi è una inedita rappresentazione della stella cometa.
Essa si disegna sì, come sempre, dentro un cielo notturno, ma
levandosi, zampillando direttamente dalla culla del bambino Gesù
come un fiore che in essa affonda le radici, finendo così per
confondersi e coincidere con Lui.
Nel
racconto evangelico la stella cometa indica ai Magi la strada che
conduce al “Re dei Giudei”, a Colui che viene per rivelare quale
è il senso del cammino dell’uomo nel mondo. E sarà proprio lui,
poi, a dichiararsi “Via, Verità e Vita”, a designarsi come la
verità dell’uomo, a indicare in sé la strada da seguire per
raggiungerla. E allora si comprende la ragione per cui il
cristianesimo delle origini non veniva indicato come una setta o una
religione, ma più semplicemente come “la via”.
La
simbologia della stella cometa accomuna a Cristo anche la Vergine sua
madre. La pietà popolare, infatti, la invoca come Stella Maris, la
stella che indica la rotta al marinaio nella notte tempestosa, la
stella dell’ammiraglio che deve condurre la nave al porto sicuro.
Di questo abbiamo conferma nella stella che adorna il manto di
un’altra immagine della Vergine presente nello stesso ciclo musivo.
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